mercoledì 25 novembre 2020

Marta Tibaldi, La conversione della mente

Marta Tibaldi

La conversione della mente

Nella giornata contro la violenza sulle donne (e sul femminile psichico) vorrei ripotare alcune considerazioni di Annarosa Buttarelli, che in Sovrane. L’autorità femminile al governo (Il Saggiatore, Milano 2017) teorizza la necessità di una “conversione trasformatrice della mente [degli uomini e delle donne]”: 

“L’eterna istanza del femminismo […] non riguarda più solo la vigilanza sui diritti, non riguarda l’uguaglianza di trattamento economico, anche se non la esclude, ma riguarda il conflitto tra forme della mentetra ordini simbolici. Non riguarda più lo scontro tra uomini e donne, che pure esiste ancora, ma poiché le coordinate di questo conflitto ci sono ben chiare, il livello da un po' di tempo è un altro: è il conflitto tra le forme della mente, tra gli ordini simbolici che si stanno contendendo il mondo tra loro.” (ivi, pp. 15-16). 

Con le dovute differenze, la riflessione di Buttarelli va in parallelo con quanto si chiede Riane Eisler in Il calice e la spada. La presenza dell’elemento femminile nella storia da Maddalena a oggi (Frassinelli, 2006): “E’ realisticamente possibile il passaggio da un sistema di guerre incessanti, di ingiustizia sociale e di squilibrio ecologico a un sistema che porti alla pace, alla giustizia sociale e all’equilibrio ecologico? E soprattutto, quali cambiamenti della struttura sociale renderanno possibile questa trasformazione?” (ivi, p. 3). Nel descrivere due modelli organizzativi, “quello androcratico, violento e autoritario (simboleggiato dalla spada), e quello ginocentrico, fondato sulla collaborazione e la parità tra i sessi (simboleggiato dal calice), Eisler individua nella “gilania” “una forma di pensiero completamente altra rispetto a quella del pensiero patriarcale, che è caratterizata dal predominio del sesso maschile della subordinazione di quello femminile” (p. X).

Nel 2013 il medico, scrittore e fotografo argentino Ricardo Coer si spinge in Cina, fino alla provincia dello Yunnan, lungo le sponde del lago Lugu, per documentare la cultura della minoranza etnica matrilineare dei Mosuo e il loro modo di intendere il matrimonio (Il regno delle donne, Nottetempo, Roma 2013).
Si tratta di una forma di matrimonio (axia) che Coer definisce "ambulante" e che somiglia ben poco a quello occidentale: “Ognuno vive a casa propria, e di notte l’uomo va a trovare nella sua camera la donna con cui ha fissato un appuntamento. La parola xia significa “amanti”, e il prefisso a sta a indicare intimità” (p. 29). Questo tipo di relazioni tra donne e uomini Mosuo non comporta alcun vincolo: “La visita dura quanto la notte e non implica che ci si debba vedere di nuovo. […] Sia gli abitanti di altri villaggi, sia i forestieri possono avere un axia con le donne Mosuo, che però non esitano a lasciare fuori dalla porta chi si mostri poco gentile o si esprima in termini scurrili.” (pp. 29-30).

Le famiglie Mosuo ruotano esclusivamente intorno alle madri e alle nonne e non contemplano “l’idea dell’uomo o della donna ideali, la fantasia che tra i rappresentanti dell’altro sesso ci sia qualcuno che è la nostra esatta metà, e che ci voglia un po’ di buona volontà per incontrarlo”. Questa è una caratteristica della cultura occidentale e, aggiunge Coer, “un’incomparabile materia prima per la fabbrica dell’insoddisfazione. […] Le Mosuo professano la saggezza di quel che non c’è, di ciò che non si può avere, una saggezza che le preserva da quelle illusioni che, restando disattese, le lascerebbero deluse, con il rischio di trasformare in costanti passeggere del treno della lagnanza. E’ come se non sperassero di trovare, in un uomo, niente di diverso da ciò che trovano” (pp. 174-175).

Leggendo le parole di Coer non si può fare a meno di riflettere sulla differenza che intercorre tra il “matrimonio ambulante” delle donne Mosuo, quello religioso occidentale, con le sue caratteristiche di fedeltà e di indissolubilità e il "matrimonio individuativo" di cui parla Adolf Guggenbuehl-Craig in Matrimonio. Vivi o morti ( Moretti & Vitali, Bergamo 2000):  “Il matrimonio [è] un itinerario di sviluppo e di trasformazione dell’intera personalità, [...] perché obbliga uomo e donna al confronto con gli aspetti più oscuri, sgradevoli e difficili dell’incontro e dell’amore, e con i molteplici aspetti “normali” e “anormali” della sessualità”.  

Il “matrimonio ambulante” delle donne Mosuo, il matrimonio cattolico, il "matrimonio individuativo" sono tre realtà psicologiche e antropologico-culturali diversissime tra loro. In occasione della giornata contro la violenza sulle donne possono essere uno stimolo di riflessione verso la "conversione trasformatrice della mente".

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