Marta Tibaldi
Immagine tra le immagini
“Sviluppare un approccio psicologico immaginale, guardare in trasparenza, vuole dire avere un atteggiamento che riconosca la natura immaginale della mente e vi entri in relazione dinamica. Significa essere consapevoli che la nostra mente rappresenta se stessa sotto forma di immagine e metaforicamente si racconta. Questa attività immaginativa è mia, in quanto avviene in me e io la riconosco come tale, ma è anche non-mia, perché autonoma rispetto alla mia soggettività. E’ questa la prospettiva impersonale cui fa riferimento Hillman e su cui egli ha concentrato la propria attenzione. Il che non significa, ovviamente, che la dimensione soggettiva e personale sparisca o non esista più: semplicemente, l’attenzione della psicologia archetipica si rivolge maggiormente agli aspetti psichici impersonali, e di questi argomenta.
Vorrei definire con un’immagine la posizione della psicologia archetipica rispetto a quella della psicologia del profondo in generale: una barca a vela che naviga di bolina. Sappiamo che quando andiamo a vela con quest’andatura e il vento soffia forte di lato inclinando la barca, a un certo punto è necessario sporgersi dall’altra parte, per evitare di scuffiare. Bisogna cioè sbilanciarsi fortemente nella direzione opposta rispetto a quella dove si era, per evitare che la barca si rovesci.
Si potrebbe dire che il vento dell’analisi del profondo ha soffiato per molto tempo in direzione della soggettività conscia e inconscia, lato sul quale gli analisti del profondo si erano assestati e da cui veleggiavano. Con il passare del tempo, questa posizione è arrivata al punto limite dello sbilanciamento, esponendo al rischio di finire in acqua, a meno di non spostarsi velocemente sul lato opposto.
Hillman è andato dall’altra parte, si è spostato dal lato del personale e soggettivo a quello dell’impersonale e oggettivo, e ha veleggiato formulando le sue teorie da questo diverso vertice di osservazione. Ma non bisogna dimenticare che Hillman è stato colui che ha invitato a guardare in trasparenza anche i paradigmi teorici[1], affermando che la psicologia archetipica rappresenta un momento dinamico del viaggio psicoanalitico e, in quanto tale, il suo assetto richiederà nel tempo cambiamenti e assestamenti. Al pari di ogni manifestazione psichica, anche la psicologia archetipica è una narrazione metaforica e dinamica di una verità più profonda e comune al genere umano: il nostro essere materia che produce immagini.
[…] Alla psicologia archetipica [e alchemica] non basta la presa di coscienza delle dimensioni oggettive e impersonali della psiche, ma interessa anche lo svuotamento dell’Io, la percezione che noi stessi siamo immagini e così ci possiamo raccontare. La nostra identità egoica, la nostra esistenza – e, in ultima analisi, la nostra stessa morte, come Hillman ha testimoniato in prima persona -, se considerate dal punto di vista dell’attività mitopoietica della mente, sono anch’esse immagini in movimento, espressioni metaforiche di quella creatività psichica naturale che si esprime, appunto, attraverso un flusso ininterrotto di immagini. Nel momento in cui riusciamo a percepire la nostra identità soggettiva come un’immagine tra le immagini, scopriamo che - come dice Prospero nel famoso monologo de La Tempesta di Shakespeare – siamo davvero fatti “della stessa materia dei sogni e la nostra breve vita è circondata dal sonno.”[2]
Nessun commento:
Posta un commento