lunedì 2 novembre 2020

 Marta Tibaldi

Covid-19: il "convitato di pietra" archetipico 

Nella primavera del 2020, durante la prima fase della pandemia da Covid-19, in ambito psicologico si è parlato spesso del passaggio online delle sedute di psicoterapia. I professionisti hanno rivolto grande attenzione a questa modalità di lavoro, che stava ridisegnando le forme della cura. Malgrado il passaggio online abbia rappresentato per molti un vistoso cambiamento di setting, in linea di massima anche nelle sedute virtuali i pazienti hanno continuato a portare tematiche personali, in modo non diverso da prima. L'eco della pandemia rimaneva sullo sfondo, mentre condivise erano, invece, l'aspettativa e il desiderio di rientrare velocemente alla normalità. Dopo l'estate gli scenari psichici sono cambiati e, con il crescere della cosiddetta seconda ondata, il Covid-19 è sempre più diventato una presenza inquietante, che veicolava ansie, paure e apriva squarci, spesso involontari, sulla dimensione archetipica dell'esistenza.


 Nel Don Giovanni di Mozart il "convitato di pietra" è il commendatore, padre di Donna Anna, ucciso da Don Giovanni dopo un tentativo fallito di seduzione, da parte di questo ultimo, nei confronti della giovane donna. Nell'ultimo atto dell'opera, il commendatore appare a Don Giovanni sotto forma di fantasma della statua di pietra, che è stata eretta in sua memoria. Il commendatore invita Don Giovanni a cena, chiedendogli di riconoscere le proprie colpe e di pentirsi. Don Giovanni rifiuta e per questo precipita nelle fiamme dell'inferno. L'immagine del convitato di pietra dà forma simbolica all'ineludibile necessità, per Don Giovanni, di guardare se stesso e i propri errori a cospetto della morte: temi che lo obbligherebbero ad assumersi la responsabilità dei propri comportamenti, a vivere il senso di colpa, riconoscendo i limiti umani ad facies mortisSquilibrio, arroganza, negazione, mancanza di rispetto, in una parola l'hybris della coscienza dell'Io, insieme all'unilateralità psichica condannano Don Giovanni all'inferno.
In che modo possiamo considerare il Covid-19 un analogo simbolico del "convitato di pietra" di mozartiana memoria? Al pari di come si comporta Don Giovanni, all'inizio della pandemia abbiamo assistito, sia individualmente che collettivamente, a meccanismi di negazione della realtà (l'opposizione di Don Giovanni alla presa di coscienza), quindi a 'fughe emotive' nel momento in cui il pericolo sembrava lontano (Don Giovanni continua a condurre la propria vita, ignorando quanto accaduto), al costellarsi della paura a seguito del rimosso che ritorna (il fantasma del commendatore pone Don Giovanni di fronte alla evidenza della morte). Al pari del "convitato di pietra", il Covid-19 è un fantasma  di morte, che ci pone di fronte alle nostre azioni, ai nostri comportamenti, alle nostre scelte. Quando avviciniamo il Covid-19 con il registro archetipico, riconoscendolo come evento numinoso, più grande e potente di noi, possiamo scegliere - a differenza di Don Giovanni - di ripensare i nostri valori e il nostro modo di stare al mondo, salvandoci. Scrive Umberto Galimberti:

In preda a una nuova solitudine, dovremo fare i conti con una visione più precaria della vita, dove siamo meno immortali. Saremo costretti, infatti, a stare sempre di più con noi stessi e con la nostra famiglia. Finirà l’epoca dell’eccesso, quella degli influencer, perché quando c’è in pericolo la vita, la salute, emergono valori che avevamo rimosso. Potrebbero esserci dei cambiamenti migliorativi: una depurazione dal sovraccarico di superficialità che ha caratterizzato questo secolo e una fortificazione dei legami affettivi. Non credo che saremo più soli, quanto “diversamente soli”. L’umanità ha sempre saputo gestire le difficoltà. Ce lo insegna la storia e i conflitti mondiali che hanno caratterizzato il Novecento. Adesso siamo in una fase di cambiamento epocale. Da circa un secolo, infatti, l’umanità non ha subito cambiamenti significativi e ora si trova ad affrontare qualcosa di epocale. Che prima o poi arrivasse era prevedibile, anche se nessuno poteva immaginare che sarebbe stata un’epidemia a cambiare le nostre vite forse per sempre. (cit. in I sentieri della filosofia - http://www.isentieridella ragione.weebly.com)

Dal punto di vista archetipico, le pandemie, come quella da Covid-19, sono "visite degli dèi", che ci invitano a riflettere su noi stessi, sui nostri comportamenti e sul nostro rapporto con la vita e con la morte, modificando radicalmente, ove necessario, modi di pensare e valori, pena la dannazione psichica: "Oggi si gioca [infatti] una partita di consapevolezza (troppo spesso, di inconsapevolezza) nei confronti delle relazioni che legano il nostro Io alla psiche inconscia, agli altri esseri viventi (umani e non), al mondo e alla vita stessa". (Cfr. M. Tibaldi, "Malattie, epidemie e dèi" - martatibaldi.blogspot.com - 7 agosto 2020).

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