(foto: viaggioincina.com)
Marta Tibaldi
L'Opera di Pechino a Roma
Sheng, dan, jin e chou sono i quattro ruoli principali dell'Opera di Pechino. Quattro tipi di artisti che danno forma rispettivamente a ruoli maschili autorevoli quali l'uomo anziano, l'uomo giovane, l'uomo esperto in arti marziali (sheng), a ruoli femminili quali la donna modesta e gentile, quella vivace e maliziosa, la donna dall'aspetto marziale e quella anziana (dan), ai ruoli maschili dal "volto dipinto" di generali forti ed eroici (jin) e a ruoli comici (chou), che possono essere sia maschili che femminili.
Durante la tappa romana (22-27 settembre 2014) della settimana mondiale degli Istituti Confucio - l'istituzione creata dal Ministero dell'Istruzione cinese per la diffusione della lingua e della cultura cinese nel mondo - alcuni giovani attori dell'Accademia d'arte di Sanghai si sono esibiti in tre spettacoli (Giornata dell'Opera di Pechino) per fare conoscere al pubblico romano le caratteristiche salienti di questo genere di teatro.
Nelle rappresentazioni dell'Opera di Pechino colpisce l'estrema simbolizzazione dei ruoli e delle azioni: malgrado i costumi, le situazioni sceniche, il trucco, le musiche siano lontanissimi dal nostro immaginario, essi sanno parlare profondamente anche allo spettatore occidentale. In termini junghiani potremmo definire l'Opera di Pechino una forma di teatro archetipico nella quale sono messe in scena esperienze comuni al genere umano in modalità fortemente connotate sul versante antropologico-culturale.
A proposito delle forme artistiche che riescono a parlare a tutti, Jung scrive che "colui che parla con immagini primordiali è come se parlasse con mille voci. Egli afferra e domina, e al tempo stesso eleva, ciò che ha designato dallo stato di precarietà e di caducità alla sfera delle cose eterne." (C.G. Jung, Psicologia e arte poetica, Opere, vol. 10*, p. 353).
L'incontro con forme culturali "altre", come il teatro dell'Opera di Pechino, fa cogliere sia il livello essenziale dell'esperienza umana, sia la specificità delle forme culturali in cui si esprime: un modo per compiere anche attraverso la realtà esterna quel percorso di integrazione psichica che Jung ha chiamato "processo d'individuazione".
Nelle rappresentazioni dell'Opera di Pechino colpisce l'estrema simbolizzazione dei ruoli e delle azioni: malgrado i costumi, le situazioni sceniche, il trucco, le musiche siano lontanissimi dal nostro immaginario, essi sanno parlare profondamente anche allo spettatore occidentale. In termini junghiani potremmo definire l'Opera di Pechino una forma di teatro archetipico nella quale sono messe in scena esperienze comuni al genere umano in modalità fortemente connotate sul versante antropologico-culturale.
L'incontro con forme culturali "altre", come il teatro dell'Opera di Pechino, fa cogliere sia il livello essenziale dell'esperienza umana, sia la specificità delle forme culturali in cui si esprime: un modo per compiere anche attraverso la realtà esterna quel percorso di integrazione psichica che Jung ha chiamato "processo d'individuazione".
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