Marta Tibaldi
"Volevo fare il paziente"
ovvero
Uno spazio di parola
per psicoterapeuti che, in una situazione di di trauma globale, oltre a svolgere il ruolo di caregivers, si interrogano e si prendono cura anche della proprie esigenze psicologiche
"Volevo fare il paziente"
ovvero
Uno spazio di parola
per psicoterapeuti che, in una situazione di di trauma globale, oltre a svolgere il ruolo di caregivers, si interrogano e si prendono cura anche della proprie esigenze psicologiche
"Volevo fare il paziente" sono le parole con cui termina il film di Massimiliano Russo Transfert (2017). Si tratta della storia di Stefano, un giovane psicoterapeuta con alle spalle una storia infantile difficile: è il figlio di una madre con problemi emotivi, che ha sempre coinvolto il figlio nelle proprie esperienze psicoterapeutiche e che ha immaginato per lui un futuro da psicoterapeuta.
Nel film Stefano, ormai avviato professionista, si trova esposto a una serie di dinamiche psichiche che gli provocano un crollo emotivo, ma che nello stesso tempo gli permettono di dare parole a un proprio bisogno inespresso: "Volevo fare il paziente".
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A parte i molti aspetti discutibili del film, racconto questa storia per certi versi paradossale, perché oggi sia i pazienti che gli psicoterapeuti stanno vivendo una situazione inconsueta: un trauma globale che coinvolge in presa diretta anche chi si prende cura degli altri. Sebbene come psicoterapeuti disponiamo delle risorse che ci aiutano a fare fronte al trauma, in una situazione di sovraesposizione emotiva come quella attuale, ritengo sano e utile creare un luogo di parola anche per i nostri bisogni psicologici, per poterci prendere cura degli altri senza dimenticarci di noi.
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