domenica 29 marzo 2020

"Volevo fare il paziente": uno spazio di parola per psicoterapeuti

Marta Tibaldi
"Volevo fare il paziente"
ovvero 
Uno spazio di parola 
per psicoterapeuti che, in una situazione di di trauma globale, oltre a svolgere il ruolo di caregivers, si interrogano e si prendono cura anche della proprie esigenze psicologiche


"Volevo fare il paziente" sono le parole con cui termina il film di Massimiliano Russo Transfert (2017). Si tratta della storia di Stefano, un giovane psicoterapeuta con alle spalle una storia infantile difficile: è il figlio di una madre con problemi emotivi, che ha sempre coinvolto il figlio nelle proprie esperienze psicoterapeutiche e che ha immaginato per lui un futuro da psicoterapeuta. 
Nel film Stefano, ormai avviato professionista, si trova esposto a una serie di dinamiche psichiche che gli provocano un crollo emotivo, ma che nello stesso tempo gli permettono di dare parole a un proprio bisogno inespresso: "Volevo fare il paziente".


***
A parte i molti aspetti discutibili del film, racconto questa storia per certi versi paradossale, perché oggi sia i pazienti che gli psicoterapeuti stanno vivendo una situazione inconsueta: un trauma globale che coinvolge in presa diretta anche chi si prende cura degli altri. Sebbene come psicoterapeuti disponiamo delle risorse che ci aiutano a fare fronte al trauma, in una situazione di sovraesposizione emotiva come quella attuale, ritengo sano e utile creare un luogo di parola anche per i nostri bisogni psicologici, per poterci prendere cura degli altri senza dimenticarci di noi.



"Volevo fare il paziente" è 
un gruppo Facebook
ideato e amministrato da
Marta Tibaldi 

https://youtu.be/c8rP_qN6PXQ

Per iscrizioni: info@martatibaldi.com


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mercoledì 11 marzo 2020

Solidarietà psicologico-analitica digitale. Ascolto gratuito


Marta Tibaldi
Solidarietà psicologico-analitica digitale.
Ascolto gratuito

Se io potrò impedire
a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano
Se allevierò il dolore di una vita
o guarirò una pena
o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido
non avrò vissuto invano

(Emily Dickinson)


In momenti di difficoltà come quelli che stiamo vivendo è opportuno e sano che ognuno di noi offra solidarietà digitale nei limiti delle proprie possibilità e sulla base delle proprie competenze e professionalità.
Per quanto mi riguarda, sono disponibile ad offrire ascolto psicologico-analitico gratuito a coloro che ne sentano il bisogno: l'ascolto che offro è finalizzato alla condivisione delle emozioni che  in questo momento ci mettono in difficoltà, focalizzando nello stesso tempo le risorse che ci permettono di assumere una posizione adulta e responsabile nei confronti di noi stessi e della collettività.
Gli incontri, della durata di 20 minuti ciascuno, si svolgeranno in modalità streaming
 il venerdì pomeriggio tra le 15:15 e le 17:15
a decorrere dal 13 marzo al 3 aprile 2020
(appuntamenti in ordine di prenotazione 
fino a saturazione degli spazi disponibili).


E' NECESSARIA LA PRENOTAZIONE:
info@martatibaldi.com
oppure
martatibaldi@gmail.com

https://youtu.be/2oYJrC2Im94


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domenica 1 marzo 2020

Coronavirus? tra saturazione, preoccupazione e destino

Marta Tibaldi
Coronavirus?
Tra saturazione, preoccupazione e destino 
Moriremo di coronavirus? speriamo di no, ma nel frattempo cerchiamo di vivere. Da molti giorni le notizie dei media e le conversazioni delle persone ruotano quasi esclusivamente intorno a questa epidemia, che forse ben presto diventerà una pandemia e che nel frattempo è diventata, con neologismo orrendo, un'infodemia: un eccesso di informazioni a cui la nostra vita quotidiana, per come eravamo abituati a viverla, è sempre più esposta, con il rischio della saturazione emotiva.
Le notizie sono allo stesso tempo allarmanti e tranquillizzanti, in realtà contraddittorie e confusive. Un'oscillazione comunicativa che  destabilizza la capacità di valutazione di chi ne è esposto, rende fragili rispetto all'incertezza del futuro e dubbiosi  riguardo alle azioni da intraprendere nel presente. 
Oggi questa epidemia non ci mette tanto, o non soltanto, di fronte alla nostra mortalità fisica - come accade, ad esempio, nella malattia oncologica - quanto ci colloca di fronte alla dimensione sfuggente del destino: non sappiamo e non possiamo sapere che cosa sarà di noi, non possiamo prevedere il nostro futuro. In questi momenti ci possiamo però affidare alla parte più vitale di noi stessi, sostenendola: per chi ha una fede religiosa, rivolgendosi al dio in cui crede; per chi è laico, onorando la vita, di cui mai come adesso ne possiamo toccare e apprezzare la gratuità. Dal punto di vista psichico, questo è il tempo per scoprire, illuminare e fare esperienza di dimensioni sconosciute del vivere, troppo spesso oscurate e rese impraticabili da un Io ipertrofico e malato di hybris. 
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