mercoledì 4 novembre 2020

Lo scaltro Hermes


Marta Tibaldi
Lo scaltro Hermes

    Nell’esperienza analitica del profondo, il dio greco Hermes, conosciuto nel mondo latino con il nome di Mercurio, rappresenta “il dio della rivelazione, ingannevole e insieme saggio”. In termini simbolici, il dio dà forma alla dinamica dell’inconscio, che si manifesta, nella stanza d’analisi, con “azioni completamente opposte”.  “Mercurio” è dunque il nome con cui, nella pratica del profondo che utilizza come riferimento la metafora alchemica, si designa la natura paradossale dell’inconscio, che “non è unicamente una forza naturale e malvagia, ma anche la fonte dei beni più alti; esso [l’inconscio] è non soltanto oscuro, ma anche luminoso, non soltanto animalesco, semiumano e demonico, ma anche sovrumano, spirituale e ‘divino’ (nel senso che gli antichi davano al termine).” Questo è il motivo per cui il “Mercurio” alchemico-analitico è definito anche duplex, ovvero doppio: “demonio, mostro, animale e insieme rimedio, ‘figlio dei filosofi’, Sapientia Dei e donum Spiritus Sancti.” 
    Nella relazione analitica “Mercurio” prende forme complesse ed emotivamente cariche, come ad esempio nel fenomeno del transfert, che è la proiezione di contenuti inconsci del paziente sull’analista. Il “Mercurio” transferale, in particolare, richiede al terapeuta “infinita pazienza, perseveranza, equanimità, sapere e capacità” perché la sua intensità emotiva è quella di “un frammento di anima primordiale, nel quale nessuna coscienza è ancora intervenuta per portare ordine e differenziazione.” Nel processo d’individuazione, che va in parallelo con l’opus alchemico, il contatto della coscienza dell’Io con Hermes-Mercurio provoca, in prima battuta, l’esperienza della lacerazione psichica (disiunctio), il polo opposto dell’integrazione (coniunctio), che è la mèta dell’opus: “Essere posseduti dall’inconscio significa appunto essere dilacerati in molti e in molte cose, significa una disiunctio. […] Il doloroso conflitto che inizia nella nigredo o tenebrositas [la prima fase dell’analisi] è raffigurato dall’alchimista come separatio o divisio elementorumsolutiocalcinatioincineratio.” 
    La disgregazione della coscienza segna però una prima ed importantissima “trasmutazione” di “Mercurio”, ovvero delle dinamiche inconsce: il paziente passa dall’identificazione con il proprio Io e dalla proiezione dei contenuti inconsci sugli altri, alla percezione della propria Ombra: “Fin quando il paziente ha potuto pensare che il responsabile delle sue difficoltà fosse qualcun altro (il padre o la madre), è riuscito a salvare l’’apparenza della sua unitarietà (putatur unus esse!). Ma dal momento in cui si rende conto di possedere egli stesso un’Ombra, e anzi di celare “nel proprio petto” il nemico, allora ha inizio il conflitto e l’Uno diventa Due”. Si tratta di un passaggio psichico non facile, ma ineludibile per dare avvio al processo di trasformazione psichica che porterà all’individuazione, ovvero, in termini alchemici, alla realizzazione dell’“oro filosofico”, al “compimento” dell’opus (rubedo). 
    Spesso in questa fase il terapeuta diventa l’ultimo, se non l’unico, aggancio che il paziente ha per non cadere preda dell’inconscio e della più completa oscurità psichica (disorientamento, confusione). Inizia quindi la “purificazione” del “Mercurio” interno, verso una percezione di sé, che è ormai diversa da quella precedente: l’Io proiettivo è sostituito da un Io, per così dire “oggettivo”, che Jung indica con il termine “Sé”: “Non più una scelta di opportune finzioni, ma una serie di fatti nudi e crudi, che tutti insieme formano la croce che ognuno deve portare, ovvero il destino che ciascuno incarna. In questa fase i sogni e le immaginazioni attive rendono visibili i primi movimenti consci inconsci che tendono alla futura sintesi della personalità e “la redenzione totale dal dolore di questo mondo” (processo d’individuazione). 
(Le citazioni sono liberamente tratte da C.G. Jung, “La psicologia della traslazione, illustrata con l’ausilio di una serie di immagini alchemiche”, OC16, Pratica della psicoterapia, Boringhieri, Torino 1971).

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