lunedì 23 dicembre 2019

Trauma grave: la ricchezza dell'approccio psicoanalitico integrato

Marta Tibaldi
Trauma grave: 
la ricchezza dell'approccio psicoanalitico integrato
Clara Mucci, professore ordinario di Psicologia clinica presso l'Università degli Studi di Chieti e di Pescara, in un'intervista rilasciata nel 2015 a psiconline.it, illustra in modo sintetico ed efficace la terapia psicoanalitica di pazienti traumatizzati, abusati e neglect, che ha sviluppato nel corso del tempo: un'interessante integrazione tra psicoanalisi ferencziana, teoria dell'attaccamento, neuro-scienze e tecniche bottom-up, che offre una possibilità di trasformazione strutturale della personalità, portando il paziente al di là del trauma . 

Di questa modalità psicoanalitica vorrei sottolineare un aspetto caratteristico, ovvero l'elaborazione delle identificazioni del traumatizzato con il ruolo di vittima e con quello con l'aggressore, identificazioni che agiscono al suo interno in modo più o meno conscio: "un traumatizzato, abusato e maltrattato, per forza di cose avrà dentro di sé da una parte un'identificazione con la vittima, ma dall'altra anche con il persecutore". Se l'identificazione con la vittima è, per così dire, più diretta e visibile, l'identificazione con l'aggressore, che porta con sé aggressività e senso di colpa dissociati, ha manifestazioni più indirette, come, ad esempio, l'autodistruttività, comportamenti alimentari patologici, autolesionismo e ideazioni suicidare, violenza nelle relazioni interpersonali.

Dal punto di vista clinico, la terapia psicoanalitica di Mucci, in linea con gli insegnamenti ferencziani, si occupa in primis della ricostruzione degli aspetti concreti e reali del trauma subìto, ne integra gli elementi corporei ed emotivi associati ed elabora i vissuti di rabbia, di vendetta e di rivendicazione che ne emergono. Mucci fa quindi un ulteriore passo, indicando nel perdono - inteso come separazione consapevole dall'attaccamento intrapsichico al ruolo di vittima e a quello di persecutore - una specificità della sua modalità psicoanalitica: "Il perdono - scrive Mucci - giunge come 'dono dell'analisi' [...] quando vari livelli di lavoro intrapsichico sono stati effettuati, [...] e quando tutto ciò che poteva essere fatto per re-indirizzare il soggetto alla propria vita prima del trauma è stato effettuato, interrompendo la catena delle ripetizioni: [...] il paziente non ha più bisogno di identificarsi con il persecutore e di assumere la sua aggressività o il suo senso di colpa. Il perdono è perciò collegato al lavoro del lutto, all'espressione della rabbia, all'abbandono del senso di colpa, permettendo al soggetto di andare al di là del trauma" (C. Mucci, Trauma e perdono. Una prospettiva psicoanalitica intergenerazionale, Cortina, Milano 2014, p. 206). 


Poiché il trauma grave distrugge la relazione con la propria vitalità interna e precipita la persona traumatizzata nella dissociazione psichica, nella disperazione e nella violenza distruttive, la ricomposizione delle parti psichiche dissociate ridà vita alla vita stessa, collocando l'esperienza traumatica in una trama di significato complessa, che riconcilia le relazioni tra parti interne e quelle con gli altri e il mondo. In altri termini: "Il trauma grave ci precipita nell'oscurità del non-senso - di cui dobbiamo conoscere, riconoscere e sapere trattare le dinamiche al meglio della nostra professionalità -, ma è nell'oscurità di quel non-senso che si svela, inattesa, la dorata luminosità delle stelle." (M.Tibaldi, "Trauma zero. Storia di un lutto complesso non guarito", in Onofri, A. - La Rosa. C., Dal basso in alto (e ritorno). Nuovi approcci bottom-up: psicoterapia cognitiva, corpo, EMDR, Apertamenteweb, Roma 2017, p. 318

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lunedì 16 dicembre 2019

Improvvisazione teatrale e alfabetizzazione emotiva

Marta Tibaldi
 Improvvisazione teatrale e alfabetizzazione emotiva nell'esperienza oncologica


Il 14 dicembre 2019 si è svolto presso l'Ordine dei Medici di Roma l'incontro "Il caregiver sono io!", organizzato dall'Associazione di volontariato IncontraDonna Onlus. L'incontro era finalizzato a presentare il Laboratorio teatrale per i pazienti oncologici, familiari e amici dei pazienti, che è uno dei progetti terapeutici organizzati dall'Associazione. Il Laboratorio teatrale, che ha durata annuale e prevede uno spettacolo di fine corso, è diretto dalla regista Selene Gandini e si focalizza sull'improvvisazione scenica, offrendo ai partecipanti la possibilità di rappresentare i diversi vissuti legati alla malattia propria o altrui. 


Durante l'incontro sono stati proiettati tre video, realizzati dai partecipanti al Laboratorio teatrale nel corso dell'anno.  Come spesso accade quando si trattano temi sensibili come la malattia oncologica, l'attenzione del pubblico si è dapprima soffermata sul valore dell'esperienza teatrale per dirigersi quindi verso la condivisione di storie personali, che hanno evidenziato l'esigenza di una maggiore alfabetizzazione emotiva e competenza comunicativa sia in termini individuali che sociali: spazi di riflessione e di consapevolezza come quello del Laboratorio teatrale incrementano tale possibilità, migliorando il rapporto con se stessi e con gli altri. 

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