giovedì 28 gennaio 2016

Oltre il cancro. Un percorso per sostenersi a vicenda: condividere la propria esperienza con i "compagni di avversità"



oltre il cancro


Marta Tibaldi

Oltre il cancro, dieci anni dopo

Sono appena rientrata da una visita di controllo e, a dieci anni dall'insorgenza della malattia, oggi sono stata ufficialmente dimessa dal programma per malati oncologici. Ad aprile di quest'anno scadranno anche i dieci anni di esenzione dal pagamento del ticket sulle prescrizioni sanitarie: rientro così a pieno titolo tra le persone sane.

Nel libro Oltre il cancro. Trasformare creativamente la malattia che temiamo di più (Moretti & Vitali, Bergamo 2010), a proposito dei dieci anni previsti tra la diagnosi della malattia e la fine dei controlli, scrivevo:

"Le assicurazioni sanitarie coprono le spese dei malati oncologici fino ai dieci anni dalla data di insorgenza della patologia, così come l'esenzione dai ticket sugli accertamenti diagnostici da parte del servizio sanitario nazionale ha la validità di dieci anni. Che cosa vuole dire questo? Che dopo tale data siamo ritenuti guariti? O che le assicurazioni e la sanità ci immaginano già morti? Me lo sono domandato, con la curiosità di capire i criteri informatori di questa scelta..." (p. 93)

Oggi ho superato ufficialmente la soglia dei dieci anni, sono ancora viva e 'libera dalla malattia', come si dice in gergo: un lasso di tempo che offre l'opportunità di raccontare, di riflettere e di condividere un percorso sfaccettato e complesso i cui segni, nel bene e nel male, rimangono impressi nel corpo, nella psiche, nell'esistenza quotidiana, a testimonianza di un'esperienza che non si lascia liquidare come soltanto negativa. La malattia oncologica è infatti troppo piena di aspetti complessi e contraddittori per essere banalizzata in formule pregiudiziali che in primo luogo fanno torto ai malati stessi.


Perché le esperienze di malattia, di resilienza e di coraggio dei malati oncologici possano essere utili ad altri malati e a coloro che a vario titolo ruotano intorno alla malattia, patendone le difficoltà e le sofferenze,  il 2 febbraio 2016 presenterò, insieme a Loretta Fabbri, Direttrice del Dipartimento Scienze della formazione, scienze umane e della comunicazione interculturale di Arezzo e a Sergio Bracarda, Responsabile medico del Dipartimento Oncologico AUSL8 di Arezzo, il progetto "Oltre il cancro" che è finalizzato, da un lato, a condividere l'esperienza della malattia e delle sue cure e, dall'altro, a conoscere gli aspetti psicologici e sociali che vi sono coinvolti: un percorso 'virtuoso' per sostenersi a vicenda e per fare della malattia un'esperienza di vita e non un naufragio. Come notavo a suo tempo: "Non si tratta più di chiederci come possiamo evitare la nostra mortalità fisica - impresa peraltro impossibile - ma come possiamo vivere in modo resiliente e creativo anche la malattia e la morte, che sono comunque un'esperienza di vita e come tale appartengono a pieno diritto all'esistenza." (p. 16)

Oggi come allora sono convinta che "Trasformando le storie di malattia in esperienze di vita, i malati oncologici diventano 'prove viventi' di come sia possibile contenere la distruttività, fino a raggiungere il versante creativo delle esperienze traumatiche stesse. Il risultato è l'acquisizione di una saggezza naturale profonda, che si esprime nel vivere con giusta misura se stessi, gli altri e il mondo; in fin dei conti, il raggiungimento di un atteggiamento più equilibrato nei confronti dell'esistenza." (p. 14)


(Foto: bandieragialla.it)





giovedì 14 gennaio 2016

Courses of "masculine morality" in Beijing


Marta Tibaldi
Courses of "masculine morality" in Beijng 

China still surprises for his pragmatism. I just read the article by Giampaolo Visetti "The education of the father in China" (La Repubblica, January 6, 2016) about the first courses of "masculine morality" held in Beijing, intended to make the Chinese men good parents and husbands.

The course teaches men how to take care for their children and not to mistreat their wifes, questioning some of the basic assumptions of the Confucian ethics, which for centuries considered the female gender inferior and submitted to men. The courses of "masculine morality" want to curb culturally authorized abuses against women, in a historical context in which the way of treating the female gender is becoming a focal parameter to observe different cultures.

(it.dreamstime.com)

The change of the internal sensibility, the Westernization of China and the requests coming from a globalized world require this gigantic, complex and contradictory country to think of itself in new ways. One example is the repeal of the one-child policy: on the one hand 36-year ban allowed an effective birth control, but on the other created a gender imbalance. Selective abortion against girls actually led to a surplus of males and the consequent difficulty for them to find a wife.

Without going into the details of political considerations that have prompted the Chinese authorities to give a change to their customs and traditions and pointing out that in China the status of women has seen historical periods during which there was equality with men - think, for example, the period of the Shang Dynasty and the latest cultural revolution of Mao - I want to focus on courses of "masculine morality" considering them from a psychological standpoint.

(adnkronos.com)

In the years of the one-child policy, the mothers and a strongly male-oriented society like the Chinese one have taught their sons to be 'little emperors', often without awareness of the emotional toll of this choice. A problematic aspect, among the many accompanying cultural imbalance between the sexes, is linked to the inevitable conflict between the demands of the mother and the need for freedom of the child.

One example is the story of a young talented boy whose artistic attitude do not match with the cultural expectations in which mother and son are trapped. The young man got symptoms and depression and cannot follow his desires because of a paralizing sense of guilt. At the same time he cannot free himself from the dynamics of dependence / independence that bind him to his real mother and to his internalized image of her. How difficult will be for this guy to question on the one side the Confucian morals that wants him as an obedient son, and on the other to give up the privileged role of 'little emperor' that asks him not to become fully himself?

The courses of "masculine morality" go certainly in the direction of improving the condition of the real Chinese woman - and this is a very good news - but could also become in the short and long run a good tool to reflect on those gender roles, culturally imposed, that deprive both men and women of the opportunity to fully become themselves, mortifying at the same time the dynamics of desire in both of them.

(Photo: Marta Tibaldi)

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sabato 9 gennaio 2016

Corsi di "morale maschile" a Pechino



Marta Tibaldi
Corsi di morale maschile a Pechino

La Cina sorprende ancora per il suo pragmatismo. Leggo nell'articolo di Giampaolo Visetti "L'educazione del papà cinese" (La Repubblica, 6 gennaio 2016) che a Pechino sono stati organizzati i primi corsi di "morale maschile" finalizzati a rendere gli uomini cinesi buoni genitori e mariti.

I corsi insegnano agli uomini ad accudire i figli e a non maltrattare le donne, mettendo in discussione alcuni assunti della morale confuciana, che da secoli considera il genere femminile inferiore a quello maschile. I corsi di "morale maschile" vogliono arginare gli abusi culturalmente autorizzati nei confronti delle donne, in un momento storico e sociale in cui il modo di trattare il genere femminile sta diventando un parametro focale con cui osservare le culture.

(it.dreamstime.com)

Il mutato clima interno, l'occidentalizzazione della Cina e le esigenze di un mondo globalizzato obbligano questo paese gigantesco, complesso e contraddittorio a pensare se stesso in modi nuovi. Ne è un esempio l'abrogazione della politica del figlio unico: 36 anni di divieto che da un lato ha permesso un efficace controllo delle nascite e dall'altro ha creato uno squilibrio tra i generi. L'aborto selettivo nei confronti delle bambine ha portato infatti a un eccedenza di maschi e alla conseguente difficoltà di trovare moglie.

Senza volere entrare nel merito delle considerazioni politiche che hanno spinto le autorità cinesi a imprimere un cambiamento ai loro usi e costumi e ricordando che in Cina la condizione della donna ha visto fasi storiche durante la quale ci fu parità con gli uomini -  si pensi, ad esempio, l'epoca della dinastia Shang e la più recente rivoluzione culturale di Mao - vorrei soffermarmi sui corsi di "morale maschile" considerandoli dal punto di vista psicologico.

(adnkronos.com)

Negli anni della politica del figlio unico, le madri e una società ad orientamento fortemente maschilista come quella cinese hanno insegnato ai figli maschi a essere 'piccoli imperatori', spesso senza consapevolezza del prezzo emotivo di questa scelta. Un aspetto problematico, tra i molti che accompagnano lo squilibrio culturale tra i generi, è legato all'inevitabile conflitto tra le richieste della madre e l'esigenza di libertà del figlio.

Ne è un esempio la storia di un giovane dal talento artistico la cui creatività male si concilia con i ruoli culturali in cui madre e figlio sono intrappolati. Il giovane vive in una severa depressione e ha intollerabili sensi di colpa quando cerca di avvicinarsi ai propri aspetti desideranti. Nello stesso tempo vive in modo conflittuale anche le dinamiche di dipendenza/indipendenza nei confronti della madre reale e della sua immagine interiorizzata. Quanto sarà difficile per questo ragazzo mettere in discussione la morale confuciana che lo vuole un figlio ubbidiente da un lato, e il ruolo privilegiato di 'piccolo imperatore' che gli chiede di non essere se stesso, dall'altro?

I corsi di "morale maschile" vanno sicuramente nella direzione di rendere migliore la condizione reale della donna cinese, ma potrebbero anche rappresentare negli anni uno strumento di riflessione sociale su ruoli di genere culturalmente imposti che privano gli uomini e le donne della possibilità di essere pienamente se stessi, mortificando il desiderio in entrambi.

(foto: Marta Tibaldi)

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