venerdì 7 agosto 2020

Marta Tibaldi . Malattie, epidemie e dèi


Marta Tibaldi

 

Malattie, epidemie e dèi

   

    In Oltre il cancro. Trasformare la malattia che temiamo di più (Moretti & Vitali, Bergamo 2010)  qualche anno fa proponevo una lettura della malattia oncologica in prospettiva mitica. Rifacendomi al mito di Filemone e Bauci - i due anziani coniugi che, unici tra tutti, accolsero nella loro casa gli dèi Zeus ed Ermes, che erano travestiti da viandanti - paragonavo il cancro a un ospite inatteso, a uno "straniero", che possiamo accogliere o rifiutare. Il mito racconta che gli dèi, svelata la loro identità, esaudirono il desiderio di Filemone e Bauci di potere morire insieme: la loro casa fu trasformata in tempio, mentre le acque sommersero tutte le altre abitazioni.

 Laurent de Sutter in Cambiare il mondo. L'epidemia degli dèi (Tlon, Roma 2020) offre una lettura storico-mitologica delle epidemie, in modo analogo alla mia proposta di leggere il cancro su un registro mitico. Ricordando che nell'antica Grecia "le epidemie, per definizione, riguardavano gli dèi che non appartenevano a un luogo", de Sutter scrive: "Quando una divinità decideva di visitare la città, ovvero entrava per un momento a far parte di un luogo (epì-demos, "ciò che è sul posto") era cosa opportuna ringraziare in maniera appropriata - perché non capitava tutti i giorni di ricevere una visita del genere." (pos. 11 di 225). I Greci erano consapevoli dell'importanza delle "visite degli dèi", qualunque ne fosse la forma, perché offrivano ai mortali l'opportunità di ritualizzare la coesistenza reciproca, garantendo l'ordine del mondo.

       La lettura simbolica delle malattie, delle epidemie e, per estensione, della pandemia da Covid-19, stimola a riflettere sul rapporto che ognuno di noi ha con ciò che è (psicologicamente e fisicamente) estraneo, ignoto e inatteso, e sul fatto che in esso si possa nascondere "un dio", che chiede di essere accolto. Se sostituiamo all'immagine degli dèi quella della psiche inconscia, soprattutto nei suoi aspetti archetipici, comprendiamo facilmente ciò che Freud intendesse con le parole "L'Io non è più padrone in casa propria", ovvero James Hillman con l'espressione "Gli dèi sono diventati malattie."

 

    Oggi si gioca una partita di consapevolezza (troppo spesso, di inconsapevolezza) nei confronti delle relazioni che legano il nostro Io alla psiche inconscia, agli altri esseri viventi (umani e non), al mondo e alla vita stessa. Al pari di Filemone e Bauci, dobbiamo scegliere se accogliere o meno "gli dèi", avendo il vantaggio di conoscere già il finale della storia. Nota ancora De Sutter: [...] le epidemie erano dei protocolli di coesistenza con le potenze inumane - un modo di riconoscerne l'esistenza, accettarne l'importanza all'interno dello spazio umano, e circoscriverne i pericoli, per quanto fatali." (pos. 48 di 225). Per cambiare il mondo abbiamo bisogno di pensare "alla costruzione di nuove condizioni di vita in tutto il pianeta [...] una rivoluzione costruttiva, nel senso più proprio del termine." (pos. 162 e 169 di 225).


 

Come già con la malattia oncologica, dobbiamo impegnarci a realizzare uno spazio di coesistenza costruttiva con il mondo e con i suoi abitanti (umani e non), valorizzando gli aspetti cooperativi e paritetici dei reciproci rapporti.

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