Marta Tibaldi
Dalla denuncia alla proposta
Una geremiade collettiva che si riverbera nelle lamentazioni dei singoli e viceversa; un disagio e un malessere emotivi che sembrano ormai contagiare tutti. La narrazione che gli esseri umani fanno di sé e delle faccende del mondo ci giunge con toni apocalittici. Virgil S. Martin, insegnante di Programmazione neurolinguistica, in Non ci sono problemi, solo soluzioni (Feltrinelli, 2019) individua nei pensieri disfunzionali l'incapacità di andare oltre ciò che ci rappresentiamo come un problema. Nel tempo attuale lo stato psichico individuale e quello collettivo sembrano catturati da questa modalità unilaterale, che oscura le risorse, i talenti, le prospettive di trasformazione in positivo degli individui e della collettività.
Nel percorso analitico di conoscenza personale e del mondo questo passaggio avviene attraverso il confronto con l' 'ombra', ovvero con gli aspetti psichici oscuri e distruttivi che caratterizzano la natura umana e che non ci piace riconoscere anche come nostri; per questo tendiamo ad allontanarli da noi, proiettandoli sugli altri. Nella conoscenza di noi stessi e del mondo, il confronto con l'ombra è però un passaggio obbligato, seppure difficile e doloroso, perché - ricorda Jung - "rendere cosciente l'oscuro è scomodo e impopolare" (C.G. Jung, OC13, 291).
Superare consapevolmente l'unilateralità e la disfunzionalità dello sguardo oscuro apre orizzonti inattesi, spostando il baricentro emotivo dalla denuncia alla proposta, dalla lamentazione all'azione positiva, dal problema alla soluzione.
Copyright 2019
Nel percorso analitico di conoscenza personale e del mondo questo passaggio avviene attraverso il confronto con l' 'ombra', ovvero con gli aspetti psichici oscuri e distruttivi che caratterizzano la natura umana e che non ci piace riconoscere anche come nostri; per questo tendiamo ad allontanarli da noi, proiettandoli sugli altri. Nella conoscenza di noi stessi e del mondo, il confronto con l'ombra è però un passaggio obbligato, seppure difficile e doloroso, perché - ricorda Jung - "rendere cosciente l'oscuro è scomodo e impopolare" (C.G. Jung, OC13, 291).
Superare consapevolmente l'unilateralità e la disfunzionalità dello sguardo oscuro apre orizzonti inattesi, spostando il baricentro emotivo dalla denuncia alla proposta, dalla lamentazione all'azione positiva, dal problema alla soluzione.
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