venerdì 4 settembre 2020

Marta Tibaldi, Silenzio, horror vacui e Sé

Marta Tibaldi 

Silenzio, horror vacui e Sé

 
Torno dalle vacanze con le orecchie piene di music jam, la marmellata musicale ormai inesorabilmente presente in ogni esercizio commerciale, bar, ristorante, luogo pubblico. Quando non c'è musica, un incessante chiacchiericcio tende a saturare ogni possibilità di ascolto del silenzio o di suoni che non siano soltanto umani.
Nella stanza d'analisi l'esperienza del silenzio   è una variabile significativa che rende visibili stili consci e inconsci di relazione con se stessi e con gli alti: stare in silenzio è un apprendimento che richiede tempo e buona volontà, ma che apre orizzonti inattesi. Gli psicologi analisti da sempre sono testimoni e catalizzatori di questa abilità e oggi prendono atto che l'incapacità di stare in silenzio è diventato un problema collettivo macroscopico (si pensi, solo per fare un esempio, all'uso incongruo degli applausi ai funerali).


 

L'espressione latina horror vacui indica il terrore dello spazio vuoto. In termini psicologici si riferisce alla paura di andare oltre i confini dell'Io cosciente, precludendosi la possibilità di incontrare il Sé. Scrive il poeta: "Dicono che prima di entrare in mare/il fiume tremi di paura. [...] Solo entrando nell'oceano/la paura diminuirà,/perché solo allora il fiume saprà/che non si tratta di scomparire nell'oceano/ma di diventare oceano." (Kahlil Gibran).

Il silenzio è la via di accesso all'oceano del Sé.

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