venerdì 9 novembre 2018

Lutti traumatici e scrittura curativa


Marta Tibaldi
Lutti traumatici e scrittura curativa

(girografando.it)

"Se fosse capitato a me, non sarei sopravvissuta...": queste sono le parole che spesso i non-traumatizzati rivolgono a coloro che hanno vissuto lutti traumatici gravissimi. Nella realtà le persone che sono stati segnate da eventi traumatici estremi continuano a vivere anche dopo il trauma e sperimentano, nel bene e nel male, un radicale cambiamento di prospettiva esistenziale, stimolato dall'esperienza traumatica stessa, lungo un percorso emotivo che può oscillare tra confusione, angoscia, senso di colpa e desiderio di morire. Dopo lutti traumatici estremi ci si può trovare ad abusare di farmaci o a ubriacarsi, si possono evitare i luoghi dove è avvenuto il trauma o al contrario volerci tornare, si può chiedere la vicinanza di amici e parenti oppure isolarsi, ci si può infine rivolgere a professionisti della salute mentale per curare un'esperienza di devastazione assoluta.

(wuz.it)

Questi sono alcuni passaggi che hanno caratterizzato l'esperienza di Sonali Deranyagala, scrittrice nata in Sri Lanka ed educata a Oxford e Cambridge, autrice del libro L'onda (Neri Pozza, 2014), che nel 2013 il New York Times ha giudicato uno dei dieci migliori scritti dell'anno. Ne L'Onda Sonali Deranyagala racconta ciò che ha vissuto il 26 dicembre 2004, giorno in cui lo tsunami che sconvolse lo Sri Lanka, portandole via i suoi affetti più cari: i genitori, il marito e i due figli. Per lungo tempo queste perdite sono state per l'autrice un'esperienza indicibile, che soltanto lentamente, e grazie soprattutto alla conquista dell'uso della parola scritta, si è potuta trasformare in una testimonianza di grandissimo valore umano

Il libro L'Onda offre al lettore la possibilità di un rispecchiamento emotivo e crea uno spazio di confronto con l'indicibile, che permette di guardare a un trauma estremo in forma oggettivata, definendo non solo una distanza dalle emozioni traumatiche, ma anche uno potenziale spazio di confronto attivo di tipo immaginale (cfr. Tibaldi, Pratica dell'immaginazione attiva. Dialogare con l'inconscio e vivere meglio, La Lepre, Roma 2011 e M. Tibaldi, "Active Deep Writing -Scrittura attiva profonda", in L'Ombra, Epistemologia dopo il Libro Rosso, n. 8 - anno 2016, pp. 179-192)

Come sappiamo, il lutto traumatico estremo, soprattutto se vissuto nell'infanzia, richiede interventi adeguati, tempestivi e mirati, per evitare che possa portare a successivi sviluppi psicopatologici (cfr. G. Liotti-B. Farina, Sviluppi traumatici, Cortina, Milano 2011). In questo senso l'esperienza traumatica rappresenta una sfida per l'intera personalità di chi ha vissuto un trauma gravissimo (e per il terapeuta che lo voglia trattare). Il trauma estremo chiede di essere avvicinato in modo complesso, mettendo a fuoco ciò che modifica, non solo in termini psicopatologici, ma anche di resilienza e creatività (cfr. M. Tibaldi, Oltre il cancro. Trasformare creativamente la malattia che temiamo di più, Moretti & Vitali, Bergamo 2010).  Il terapeuta esperto sa cogliere le spinte vitali e rigenerative, che che si manifestano, ad esempio, nelle immagini spontanee del Sé integro, quello che precede i vissuti traumatici. Come in ogni esperienza psichica, anche la "notte oscura dell'anima" contiene infatti al suo interno il balsamo che cura, posto che noi sappiamo riconoscerlo: "Il trauma grave ci precipita nell'oscurità del non-senso - di cui dobbiamo conoscere, riconoscere e sapere trattare le dinamiche al meglio della nostra professionalità - ma è nell'oscurità di quel non-senso che si svela, inattesa, la dorata luminosità delle stelle." (M. Tibaldi, "Trauma zero. Storia di un lutto complesso non guarito", in La Rosa-Onofri (a cura di), Dal basso in alto (e ritorno). Nuovi approcci bottom-up: psicoterapia cognitiva, corpo, EMDR, Apertamenteweb, Roma 2017, pp. 311-318).

(it.vision63.ru)

Un esempio di "scrittura che cura", seppure molto diverso da quello di Sonali Deranyagala, è anche Calceviva di Giorgio Manacorda (Castelvecchi, 2017), un romanzo che racconta le angosce legate all'esperienza della separazione e del lutto traumatico e descrive la frammentazione psichica che ne deriva. Il romanzo prende forma attraverso una narrazione che si muove su tre registri paralleli - quello della figlia che rivede e commenta il romanzo incompiuto del padre e quello del padre che si confronta, da un lato, con le proprie paure e, dall'altro, con l'esperienza psicoanalitica. Il contenuto del romanzo illustra, in forma letteraria, alcune caratteristiche degli sviluppi post-traumatici come, ad esempio, la "dissociabilità psichica" e il funzionamento autonomo di nuclei complessuali ad alta intensità emotiva (cfr. C.G. Jung, Opere, vol. 8), testimoniando, d'altro canto, il valore integrativo delle immagini spontanee e la capacità della scrittura di trasformare il dicibile e l'indicibile in parole di rigenerazione psichica.


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