giovedì 27 marzo 2014

Il "Fiore d'oro" esiste e si trova a Hong Kong

(Foto di Marta Tibaldi)

Marta Tibaldi
Il "Fiore d'oro" esiste e si trova a Hong Kong


A nord est dell’isola di Hong Kong, tra Admiralty e Wan Chai, si erge imponente un complesso di 40.000 metri quadri, lo Hong Kong Exhibition and Convention Centre, familiarmente noto come “la vela” per la sua caratteristica forma tondeggiante.

Davanti al centro, proprio di fronte al mare, è collocata una scultura alta sei metri che raffigura un Fiore d’Oro, la Golden Bauhinia, una varietà di orchidea originaria dell'isola, la cui immagine è diventata l'emblema della bandiera nazionale di Hong Kong. La statua è stata regalata dal governo cinese all'ex-colonia britannica in occasione del passaggio di consegne avvenuto nel 1998 ed è considerata oggi una delle attrazioni turistiche della città.



Per gli analisti junghiani occidentali  il “Fiore d’Oro” è associato di solito a Il Segreto del fiore d’oro, il testo sapienziale cinese tradotto dal sinologo tedesco Richard Wilhelm  e commentato da Jung. L'incontro con questo libro rappresentò per Jung l'inizio della "terza fase" della propria elaborazione teorica. Dopo avere letto Il segreto del Fiore d'Oro Jung decise infatti di dedicarsi in modo sistematico allo studio comparato della psicologia del profondo, mettendo in luce i parallelismi storico-culturali tra il processo di individuazione, che aveva scoperto grazie al proprio personale confronto con l'inconscio (cfr. C.G. Jung, Sogni, ricordi e riflessioni di C.G. Jung (a cura di A. Jaffé), Rizzoli, Milano 1961; C.G. Jung, Il Libro Rosso, Boringhieri, Torino 2010) e i percorsi di consapevolezza, illustrati  nei testi alchemici medievali e in testi sapienziali come quello cinese. Per Jung divenne fondamentale descrivere il processo di individuazione sia dal punto di vista interno, come percorso personale di confronto con le immagini del profondo, sia da quello esterno, come percorso sapienziale culturalmente formalizzato.

Nella pratica occidentale contemporanea gli psicologi analisti tendono a privilegiare il rapporto del paziente con le immagini interne, ricorrendo in modo piuttosto marginale alla comparazione con i "complessi culturali" e le immagini provenienti da altre culture. (Apprezzabile in questo senso il contributo di Thomas Singer allo studio dei complessi culturali in Sud America e in Europa: T. Singer - S.L. Kimbles (ed. by), The Cultural Complex: Contemporary Jungian Perspective on Psyche and Society, Brunner-Routledge, New York, 2004; T. Singer-J. Rasche (ed. by), Europe was a Princess from Asia. Cultural Complexes in Old Continent, in pubblicazione).

La cultura e la lingua cinesi sono fondamentalmente costruite su immagini culturali di natura archetipica. Anche la vita materiale cinese è fondata su un continuo rimando alla dimensione archetipica, seppure in modo non sempre consapevole (cfr.M. Tibaldi, Superstizione o pensiero correlativo? http://martatibaldi.blogspot.com).
Vivere in Cina significa essere costantemente esposti ad immagini archetipiche materializzate. Per fare un esempio, a nord di Hong Kong vi è il Monastero dei diecimila Buddha: un ripido percorso in salita lungo il quale il visitatore incontra, passo dopo passo, ben 12.800 diverse immagini d'oro e ad altezza naturale del Buddha: Buddha maschi e Buddha femmine e Buddha che danno forma ai più vari aspetti del vivere quotidiano. Camminare lungo quel sentiero offre al visitatore occidentale l'opportunità di sperimentare in modo diretto e concreto la complessità delle immagini archetipiche, come potrebbe accadere in termini interni attraverso  un'immaginazione attiva (cfr. M. Tibaldi, Pratica dell'immaginazione attiva. Dialogare con l'inconscio e vivere meglio, La Lepre, Roma, 2011).

In Occidente la pratica analitica tende a focalizzare la dimensione psichica personale per poi dirigersi verso quella archetipica (dall'analisi "riduttiva" a quella "sintetico-costruttiva"). In  Cina è opportuno seguire il percorso inverso, iniziando dalla dimensione archetipica culturale per poi analizzare forme più individuali di rapporto con le immagini inconsce. Da questo punto di vista Oriente e Occidente incarnano due modalità
opposte ma complementari di dare forma e di realizzare il processo d'individuazione. L'analisi transculturale, valorizzando entrambe le modalità, si inserisce a pieno titolo nell'interesse di Jung per la psicologia comparata e ne accoglie l'eredità.
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(foto di Marta Tibaldi)

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