mercoledì 8 gennaio 2020

Pensare la malattia oncologica. Un approccio junghiano

Marta Tibaldi
Pensare la malattia oncologica. 
Un approccio junghiano

Le statistiche informano che il cancro è la malattia che temiamo di più e una patologia che negli ultimi anni è cresciuta in modo esponenziale: a livello mondiale nel 2018 le diagnosi di tumore hanno superato i 18 milioni, mentre in Italia ogni giorno si contano 1000 nuovi casi, che riguardano per il 52% uomini e per il 48% donne. Sebbene le statistiche ci dicano anche, per fortuna, che le percentuali di guarigione a cinque anni sono aumentate - il rischio di recidive è in calo tra gli uomini e stabile tra le donne - il timore della malattia è presente nell'immaginario individuale e collettivo e tende a costellare, nel bene e nel male, risposte psichiche molto diverse tra loro.
Pensare la malattia oncologica. Un approccio junghiano è un progetto-pilota ideato da Marta Tibaldi, autrice del libro Oltre il cancro. Trasformare creativamente la malattia che temiamo di più (Moretti & Vitali, Bergamo 2010), il cui obiettivo è verificare insieme ai partecipanti quanto la cornice psicologico-analitica possa aiutare a pensare la malattia oncologica in modo funzionale al benessere psichico.
Negli otto incontri previsti dal progetto si andrà alla ricerca di approcci e percorsi dedicati a questo scopo, prendendo spunto da materiale esperienziale portato dai partecipanti (un sogno, un'esperienza clinica, una paura, una difficoltà, un'intuizione, un evento sincronistico, un atto di resilienza, un intervento professionale o qualsiasi altro elemento stimolato dall'incontro o dallo scontro con la realtà oncologica personale o altrui).
Gli incontri sono rivolti a tutti coloro che a titolo personale e/o professionale sono interessati al tema della malattia oncologica e al suo trattamento e che nel progetto-pilota sono disposti a impegnarsi in prima persona, condividendo l'esperienza propria o altrui della malattia. Al termine degli incontri, il modello elaborato con i partecipanti sarà strutturato come una possibile modalità di intervento junghiano in ambito oncologico.

Copyright 2020


sabato 4 gennaio 2020

Svegliami a mezzanotte di Fuani Marino

Marta Tibaldi
Svegliami a mezzanotte (Einaudi, 2019) 
di Fuani Marino
Libro coraggioso e rischioso: Svegliami a mezzanotte di Fuani Marino (Einaudi, 2019) narra il tentativo di suicidio, non riuscito, dell'autrice. Coraggioso, perché Marino si mette a nudo e si espone  senza infingimenti, per il desiderio di verità nei confronti di se stessa e di sua figlia, per comprendere quanto accaduto, per sentirsi più sicura rispetto alla sua esperienza di caduta (emotiva e reale). Rischioso, perché, scrive Marino, parlare di suicidio è ancora un tabù, come anni fa lo era confessare di avere un cancro (p. 142): la reazione collettiva tende a prendere forme opposte come "il sensazionalismo" o "la normalizzazione", "[...] il gesto più tragico diventa folle, oppure fonte di chiacchiere, perfino ridicolo." (p. 105)
L'autrice sottolinea la difficoltà, se non l'impossibilità, per chi è disperato, di "potere dire la propria sofferenza", sentendosi compresa: "A volte mi sembra impossibile che in tutto il mondo ci sia una sola persona in grado di capire" (p. 110).  Per questo il libro, al di là del timore che possa risolversi in un atto di autolesionismo (p. 134), vuole essere "un gesto politico, almeno nelle intenzioni" (p. 144): "Le ragioni che mi hanno spinta a espormi, a uscire allo scoperto, mettendo in piazza un fatto privato e le sue conseguenze, sono diverse. [...] ho sentito una sorta di 'dovere' nei confronti di quanti hanno dovuto misurarsi con un'esperienza analoga, perché la mia testimonianza avrebbe potuto aiutarli" (p. 145).
 
Svegliami a mezzanotte rimane comunque il libro dolente di una donna che cerca ancora di orientarsi - inizialmente anche male aiutata - nella disperazione e nella depressione. Chi conosce questo tipo di sofferenza sa bene che cosa significhi la chiusura di ogni orizzonte, anche ipotetico, del proprio io: un dolore assoluto che mette in scacco la capacità fisica e mentale di contenerlo e di prenderne distanza per trasformarlo poi in immagine e parola. Attraverso tutti i passaggi raccontati nel libro e grazie anche a chi, finalmente, le ha 'prestato la sua mente per pensare' in modo trasformativo (cfr. M. Tibaldi, "Prestami la tua mente per pensare", L'Età del ferro, n. 1/2018, pp. 61-71), Marino c'è riuscita. 
Tra i molti testi che l'autrice cita nel suo libro, a testimonianza di quanto la parola sia fondamentale per de-identificarsi dall'indicibile, dispiace che Marino non si sia imbattuta nel lavoro e nei libri della De Leo Fund Onlus, un'associazione che si occupa di lutti traumatici e di morte per suicidio e che si rivolge a chi è disperato con l'unica domanda possibile: "Come posso aiutarti?"

Copyright 2020