Marta Tibaldi
Ju Ming e "la chiave della libertà"
Il mondo vivente è l’oggetto
delle sue sculture e Sculpting the Living World ("Scolpire il mondo
vivente") è il titolo della mostra allestita presso lo Hong Kong Museum of Art di Hong Kong dal 28 febbraio al 15 giugno 2014.
Classe 1938, taiwanese,
scultore famoso sulla scena internazionale ma ancora non molto conosciuto in
Europa, Ju Ming racconta il suo modo di vedere il mondo:
“L’inferno è nel mondo, ma nel mondo c’è anche il paradiso. In quale direzione vuoi andare? A te la scelta”.
Il primo grande successo di critica e di pubblico Ju Ming
lo ottiene a Taipei (Taiwan) nel 1976, quando espone nel Museo di Storia della città le Nativist Sereies le Taichi Series, descrivendo ‘l’essere
umano come parte integrante della natura’ e affermandosi come simbolo del
Movimento Nativista taiwanese. Subito dopo, desideroso di confrontarsi con la
cultura occidentale, Ju Ming si trasferisce a New York, dove inizia il periodo di
creatività che lo porterà alla realizzazione delle Living World Series. Dopo avere proiettato le proprie
emozioni nella materia, l'artista taiwanese sceglie ora di descrivere il mondo vivente da
una posizione distaccata, in terza persona: “di fronte al mondo vivente a volte sono dentro e a volte sono fuori”. “Osservare la vita dall’esterno - commenta Wu Shun-Li, direttore dello Juming Museum - significa dissociarsi dalle emozioni soggettive. Il mondo vivente che vede in questo momento è solo una serie di movimenti fenomenici” (Wu Shun-Li, Preface to Ju Ming - Sculpting the Living World, The Leisure
and Cultural Services Department, Hong Kong 2014, p. 15). Le Living World Series illustrano questo movimento, attraverso la realizzazione di opere che esprimono il suo ‘essere
dentro’ (‘The Affectionate World’) o ‘essere
fuori’ (‘The Floating World).
Nel
2009 e 2010 con Imprisonment e Cube Ju Ming focalizza la propria attenzione
sulla libertà e sulle scelte di vita (‘The
Carefree World’), ponendosi domande profonde riguardanti la vita, i
valori dell’umanità, i sistemi e i vincoli della società, la libertà mentale e d'azione,
le gabbie esterne e le gabbie interne che ci tengono imprigionati. La sua attenzione si
sposta anche nella direzione delle giovani generazioni e dei bambini, che incoraggia a superare
le sfide della vita, consegnando loro la 'chiave della libertà': “Ricorda
sempre che quando possiedi questa chiave, anche se ogni giorno devi affrontare molte difficoltà, tu sei quello che può prendere la chiave e risolvere i problemi!”. (Ju
Ming, Sculpting the Living World, The
Leisure and Cultural Services Department, Hong Kong 2014, p.20).
Perché Ju Ming? A parte l’indubbio
fascino della sua produzione artistica, dal punto di vista psicologico le sue
sculture ci pongono di fronte a quello che Jung descrive come il vero processo creativo: “Il processo creativo, per quanto possiamo seguirlo, consiste in un’animazione
inconscia dell’archetipo, nel suo sviluppo e nella sua formazione fino alla
realizzazione dell’opera compiuta. […] Colui che parla con immagini primordiali
è come se parlasse con mille voci; egli afferra e domina, e al tempo stesso
eleva, ciò che ha designato dallo stato di precarietà e di caducità alla sfera
delle cose eterne. Egli innalza il proprio destino personale a destino dell’umanità
e al tempo stesso libera in noi tutte quelle forze soccorritrici che sempre
hanno reso possibile all’umanità di sfuggire ad ogni pericolo e di sopravvivere
persino alle notti più lunghe” (C.G. Jung, Psicologia
a arte poetica, in Opere, vol.
10*, p. 353).
Ju Ming parla quel linguaggio universale umano, pur nella diversità dell'appartenenza culturale. L'opera di Ju Ming offre anche uno spunto di riflessione sull'esperienza psichica dello 'stare dento' e dello 'stare fuori'. Una modalità di relazione attiva e consapevole con le emozioni inconsce che trova forma, ad esempio, nella proposta transculturale di scrittura profonda (cfr.M. Tibaldi, A Transcultural Reading Group on the Chinese Fairy Tale The Black General ), che ormai è parte strutturale della formazione psicologico-analitica dello Hong Kong Institute of Analytical Psychology (HKIAP): una metodica per confrontarsi con il materiale inconscio avvicinandosi e allontanandosi dai sogni, dalle immagini spontanee, dalle immaginazioni attive, ma anche dalle fiabe e dal materiale mitologico della cultura cinese, facendo emergere gli strati individuali e archetipici e integrandoli poi in una narrativa transculturale che sappia parlare individualmente e al gruppo in modo culturalmente attento ed emotivamente sostenibile (cfr. M. Tibaldi, La psicoanalisi junghiana in Cina. Un dialogo tra Est e Ovest, in Studi Junghiani, vol. 19, n. 1/2013, pp. 131-142).In termini psicologici questa libertà psichica è analoga alla "chiave della libertà" di cui parla Ju Ming, quando incoraggia i giovani e i bambini a superare le prove della vita e ad andare avanti.
Copyright 2014
(Foto di Marta Tibaldi)
Marta Tibaldi, Profilo professionale e pubblicazioni
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