domenica 13 aprile 2014

Insieme alla paura


Marta Tibaldi
Insieme alla paura


“La paura ci spinge a un atteggiamento difensivo. Una volta assunto, esso dà immediatezza e concretezza alla paura. Sono le nostre reazioni che trasformano gli oscuri presagi in realtà quotidiane, facendo diventare carne la parola” (Z. Bauman, Il demone della paura, Editori Laterza, Roma-Bari – Gruppo Editoriale L’Espresso, Roma, 2014, p. 16)
Con queste parole il sociologo polacco Zygmunt Bauman, noto per i suoi studi sulla “società liquida”, introduce la propria riflessione su “il demone della paura”, che attualmente si aggira per l’umanità come uno spettro: “la paura con ogni probabilità è il demone più sinistro tra quelli che si annidano nelle società aperte del nostro tempo” (p. 6). L’esperienza della paura porta con sé incertezza, insicurezza e senso di impotenza; fa sentire esposti al pericolo e privi di strumenti con cui fronteggiarla.

Da dove nasce questa esperienza pervasiva di paura? Bauman la individua in quella che definisce la “globalizzazione negativa”, ovvero la caduta dei confini materiali e intellettuali che ha esposto società e individui a un’ “apertura” a cui entrambi non erano preparati e a che ancora non riescono a fare fronte con risposte e strumenti adeguati: “Il nuovo individualismo, l’affievolirsi dei legami umani e l’inaridirsi della solidarietà sono incisi sulla faccia di una moneta che nel suo verso mostra i contorni nebulosi della globalizzazione negativa” (p. 5). Essa deriva anche da un modo di essere dello Stato-nazione che ha abdicato al proprio ruolo politico, riducendosi sempre più a uno “Stato dell’incolumità personale”, ovvero della sopravvivenza.

In questo panorama di insicurezza del presente e di incertezza del futuro, l’individuo si sente impotente e spesso risponde al nuovo disagio con strumenti vecchi: “Chiudere, chiudere, chiudere!”, sembra l’imperativo di salvezza (illusoria) nei confronti di un'esposizione all'alterità, a ciò che è diverso e sconosciuto di cui si colgono soprattutto gli aspetti minacciosi.
La “globalizzazione negativa” è una moneta che però ha anche un'altra faccia: “In un pianeta vittima della globalizzazione negativa, tutti i problemi di fondo – i metaproblemi che condizionano il modo di affrontare tutti gli altri problemi – sono globali, ed essendo globali non ammettono soluzioni locali, in nessun caso; non ci sono e non possono esserci, soluzioni locali a problemi che hanno origine globale e che dalla globalizzazione traggono linfa vitale” (p. 48). La soluzione Zygmut Bauman la individua in un ricongiungimento di politica e potere a livello planetario. Citando Benjamin R. Barber, Bauman scrive: “nessun bambino americano potrà sentirsi al sicuro nel suo letto se i bambini di Karachi o di Baghdad non si sentiranno sicuri nei loro. Gli europei non potranno vantarsi a lungo della loro libertà se i popoli di altre parti del mondo rimarranno poveri e umiliati” (p. 48).

In termini psicodinamici potremmo descrivere il processo delineato da Bauman in questo modo: apertura - paura dell'apertura – tentativi di chiusura – nuova apertura - condivisione - alleanza. Questo percorso si può paragonare a ciò che accade nell’esperienza analitica del profondo quando l’Io cosciente si apre alla dimensione inconscia. I contenuti inconsci cominciano a circolare in quello che prima era lo spazio chiuso della coscienza e la prima reazione, di solito, è di paura. Come diceva Freud, "l’Io non si sente più padrone in casa propria" e questo è, almeno all’inizio, fonte di disagio e di incertezza. A questo punto si aprono due possibilità: il tentativo (vano) di tornare allo stato precedente, cercando di chiudere i confini dell'Io e di impedire a ciò che ci è ignoto e che ci spaventa di circolare nel campo della coscienza, oppure l'inizio di un confronto, di una conoscenza reciproca, di un dialogo per giungere a un accordo. La 'politica psicologica' che ci permette di raggiungere un migliore benessere e di sviluppare le nostre potenzialità è fatta di mediazione e, possibilmente di alleanza con i contenuti inconsci, non di chiusura e di esclusione. L’obiettivo è il raggiungimento di un nuovo equilibrio psicodinamico tra psiche cosciente e inconscia, in quel punto di incontro intermedio tra Io e Sè che Jung ha definito “la realizzazione del Sé” (un analogo della costruzione di quella "coscienza globale" di cui parla Bauman).

L’esperienza analitica del profondo può aiutare a dire una parola sull’esperienza attuale della paura e sugli strumenti per superarla, in un momento storico in cui essa spingerebbe alcuni a 'chiudere i confini': più si cerca di impedire l’accesso a quei contenuti, più essi premeranno in modo minaccioso e sovrastante. Come non pensare, ad esempio, al dilagare degli attacchi di panico che, volens nolens obbligano l’Io cosciente a fare i conti e a venire a patti con il proprio inconscio, con ciò che più teme?

Lo sviluppo di una 'democrazia psichica' che contempli l'ascolto e il confronto rispettoso tra coscienza e inconscio può rappresentare un primo passo verso la costruzione di quella "coscienza planetaria" che Bauman indica come unica via di salvezza nei confronti dell’attuale demone della paura.
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(Foto di Marta Tibaldi)

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