Corsi di morale maschile a Pechino
La Cina sorprende ancora per il suo pragmatismo. Leggo nell'articolo di Giampaolo Visetti "L'educazione del papà cinese" (La Repubblica, 6 gennaio 2016) che a Pechino sono stati organizzati i primi corsi di "morale maschile" finalizzati a rendere gli uomini cinesi buoni genitori e mariti.
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Senza volere entrare nel merito delle considerazioni politiche che hanno spinto le autorità cinesi a imprimere un cambiamento ai loro usi e costumi e ricordando che in Cina la condizione della donna ha visto fasi storiche durante la quale ci fu parità con gli uomini - si pensi, ad esempio, l'epoca della dinastia Shang e la più recente rivoluzione culturale di Mao - vorrei soffermarmi sui corsi di "morale maschile" considerandoli dal punto di vista psicologico.
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Negli anni della politica del figlio unico, le madri e una società ad orientamento fortemente maschilista come quella cinese hanno insegnato ai figli maschi a essere 'piccoli imperatori', spesso senza consapevolezza del prezzo emotivo di questa scelta. Un aspetto problematico, tra i molti che accompagnano lo squilibrio culturale tra i generi, è legato all'inevitabile conflitto tra le richieste della madre e l'esigenza di libertà del figlio.Ne è un esempio la storia di un giovane dal talento artistico la cui creatività male si concilia con i ruoli culturali in cui madre e figlio sono intrappolati. Il giovane vive in una severa depressione e ha intollerabili sensi di colpa quando cerca di avvicinarsi ai propri aspetti desideranti. Nello stesso tempo vive in modo conflittuale anche le dinamiche di dipendenza/indipendenza nei confronti della madre reale e della sua immagine interiorizzata. Quanto sarà difficile per questo ragazzo mettere in discussione la morale confuciana che lo vuole un figlio ubbidiente da un lato, e il ruolo privilegiato di 'piccolo imperatore' che gli chiede di non essere se stesso, dall'altro?
I corsi di "morale maschile" vanno sicuramente nella direzione di rendere migliore la condizione reale della donna cinese, ma potrebbero anche rappresentare negli anni uno strumento di riflessione sociale su ruoli di genere culturalmente imposti che privano gli uomini e le donne della possibilità di essere pienamente se stessi, mortificando il desiderio in entrambi.
(foto: Marta Tibaldi)
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